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Messaggio Da Fra90 Sab Apr 08, 2017 3:41 pm

LIVESTOCK (parte 1)

ACQUA (WATER FOOTPRINT)
è vero che dietro un hamburger ci sono 600 litri (o insomma, qualcosa del genere), ma è un paragone che forse non ha senso perchè il ciclo dell'acqua è chiuso.
quei 600 litri non vengono "inglobati" nell'hamburger, ma fungono solo da vettore. Con evapotraspirazione e poi piogge, o attraverso la percolazione tornano al fiume dal quale sono venute.
Problema 1) gestione dei reflui: la normativa esiste e rispettarla rende il ciclo sostenibile. Ma c'è chi fa il furbo e per risparmiare non la rispetta. In questo caso si ha il "consumo della risorsa" in quanto le acque inquinate non possono essere riutilizzate, inoltre si ha la distruzione di ecosistemi acquatici (tema approfondito sul capitolo "gestione reflui". Questo particolare problema, di conseguenza, non tanto legato alla "non sostenibilità" intrinseca del processo, quanto nella gestione politica e amministrativa: una regolamentazione buona supportata da controlli rende l'allevamento sostenibile in termini di water foot print.  
Problema 2) forse il più grave in assoluto, è quello della "desertificazione" derivante dallo sfruttamento dei terreni. La grande produzione di live stock sta in sud america (per questioni di costi bassi che approfondiremo nel capitolo "politica ed economia"). Là, deforestano milioni di ettari per far spazio ai campi di soia per alimentare il bestiame.
Il metodo di coltivazione è fortemente insostenibile:
bruciano ettari di foresta;
il suolo ricavato è altamente fertile (le ceneri sono un ottimo fertilizzante e il suolo è ricco di materia organica);
coltivano soia (o altre colture) in modo continuativo per una cosa come tre anni circa, fino a quando la fertilità del terreno è completamente esaurita;
abbandonano il terreno consumato per spostarsi su un nuovo suolo fertile appena deforestato, perchè è economicamente molto più conveniente rispetto a concimare e rendere l'agricoltura sostenibile.
Ora, nel suolo "defertilizzato" non crescerà vegetazione per molti anni, e centinaia di kilometri quadrati in questo stato determinano un'interruzione del ciclo dell'acqua in quella microzona (stop evapotraspirazione), avviando il processo di desertificazione. La desertificazione sposta l'acqua in altre aree (dal "nuovo deserto" all'oceano per esempio).
Possibile soluzione che risolve in parte questo specifico problema: desalinizzazione dell'acqua? forse per ora estremamente costosa in termini di soldi e energia, e l'energia che abbiamo attualmente non è sostenibile (approfondimento in capitolo energia).
Anche questo tema sarà approfondito nella sezione Economia e Politica, in quanto la sua risoluzione dipende praticamente solo dalle decisioni a livello politico (normativa e regolamentazione, costituzione di aree protette o con vincoli, sussidi vari, e garantire un'altra forma di PIL in sostituzione, dato che molti di questi stati basano il loro pil sull'allevamento, e vietarglielo porterebbe crisi economiche e fallimenti di stato, è quindi molto delicata la questione).
L'altro enorme problema della deforestazione è la perdita di biodiversità (capitolo biodiversità).



EMISSIONI (CARBON FOOTPRINT)
Tutte le volte che ho letto o sentito di questo argomento ho riscontrato delle capziosità nei ragionamenti, in quanto analizzavano solamente un parte del ciclo:
(Es figurato per capire cosa intendo: il ciclo dell'acqua. Attraverso la pioggia, il suolo, le falde e i corpi idrici si rifocillano di acqua; attraverso l'evapotraspirazione di vegetazione e superfici evaporanti l'acqua torna all'atmosfera e forma le nubi, nelle quali si forma la pioggia che riprecipita, e cosi via. Se io guardo solo metà ciclo, es la parte in cui l'acqua da piante e suolo evapora, potei benissimo convincerti del fatto che prima o poi l'acqua finirà in quanto l'evaporazione continuerà finchè ci sarà acqua nel terreno, e piano piano verrà consumata tutta.)
Non ha senso il discorso delle emissioni SE (anche in questo caso) il ciclo è chiuso. La CO2 che gli animali emettono è la stessa che la pianta ha preso dall'atmosfera per la suo costituzione (la struttura degli esseri viventi è fatta di carbonio: le piante lo prelevano dall'atmosfera, gli animali lo prelevano da piante e altri animali che lo hanno prelevato dalle piante).
Molti puntano il dito verso i NOX e il CH4 emesso dalla digestione dei batteri del rumine delle vacche come causa del cambiamento climatico. E' vero il CH4 ha un potere di effetto serra tipo 100 volte la CO2, ma nel lungo termine non ha valore, in quanto il CH4 è instabile, e diventa CO2 in meno di 10 anni.
Anche in questo caso uno dei problemi sta nella deforestazione (o comunque sia al "suolo verde rubato" per far spazio ai live stock) in quanto riduci la componente che trasforma l'O2 in CO2 (anche se il grosso del lavoro lo fa il plancton marino che da solo produce più di un terzo di tutto l'ossigeno mondiale, non le foreste). Ma attenzione, anche i campi di soia trasformano CO2 in 02..il problema sono i new deserti.
Il vero problema a mio avviso, del carbon foot print legato al live stock, sono i combustibili fossili.
Tornando al discorso del ciclo chiuso, tutti i combustibili fossili estratti dal sottosuolo (o comunque tutte le fonti di carbonio stoccate in modo stabile come per esempio la materia organica congelata da millenni sotto il permafrost del polo nord) devono essere considerati come "aggiunte" al ciclo del carbonio del sistema superficie terrestre-atmosfera.
Quindi l'utilizzo di queste fonti di energia è per definizione non sostenibile, perchè sono delle aggiunte che non vengono compensate da delle sottrazioni (a meno che non iniziamo a spedire blocchi di plastica nello spazio).
Il sistema di produzione-distribuzione-commercializzazione del live stock richiede una quantità enorme di energia in tutto il processo: benza per deforestare, per arare, per tutte le pratiche agronomiche per portare il cibo al bestiame, per far funzionare tutti gli impianti degli allevamenti, per la refrigerazione e SOPRATTUTTO per il trasporto. La carne prodotta in questi paesi è commercializzata in tutto il mondo dagli stati uniti alla cina, il tutto mantenendo la catena del freddo.
Breve storia curiosa che esprime lo stesso concetto: sapete perchè l'insalata iceberg si chiama così? Il nome viene dall'America. Tempi addietro divenne famosa per essere l'alimento "meno efficiente di tutti" in termini di energia: Era molto richiesta dai ristoranti di Chicago per la sua croccantezza, ma il luogo ideale per la coltivazione era la California . Quindi questa insalata veniva prodotta in california, caricata su camion stracolmi di ghiaccio per mantenere l'insalata croccante. Questi camion viaggiavano per tutta la route 66 (tipo 5000 km se non piu) fino a Chicago. I ristoratori la chiamavano "iceberg" perchè i cespi di insalata spuntavo fuori dal ghiaccio come tanti iceberg su un mare ghiacciato. Avevano calcolato che per ogni caloria di insalata iceberg consumata a Chicago, ne venivano consumate 100!
(prendetela come una favoletta, non ricordo se le città erano effettivamente queste, ed è probabilmente molto infiocchettata, ma il concetto è quello).
Comunque sia tornando a noi, la conseguenza del trand che ha il mercato attuale, sono enormi quantità di combustibili fossili utilizzati e quindi enormi quantità di C02 immesse nell'atmosfera.
Se le popolazioni consumassero meno carne e più vegetali sarebbe meglio? Be se invece di comprare la carne argentina un cinese mangiasse il riso coltivato vicino casa (o comunque in cina) indubbiamente e assolutamente si! sarebbe meglio.  Se invece della carne mangiasse l'insalata iceberg probabilmente no Wink
(ps. l'insalata iceberg non è impattante eh! XD, è una normalissima insalata come tutte le altre. solo in quella particolare storia era altamente insostenibile)

Soluzione utopica?: in un mondo utopico dove l'energia sarè estremamente economica, in gran quantità e al 100% sosteniblile (al momento le forme più indicate sono le celle a combustibile o la fusione nucleare. Le altre fonti rinnovabili sono molto poco efficienti e costose) questo problema non esisterebbe più, potremmo mangiare una salsiccia prodotta in nuova zelanda e avere 0 impatto sull'ambiente (Approfondimento in capitolo energia).



PROBLEMA FAME NEL MONDO
Molti dicono che per ogni caloria di carne prodotta destinata all'alimentazione umana, a parità di superficie, se ne potrebbero produrre X volte tanto (non mi ricordo il moltiplicatore) di calorie vegetali destinate alla alimentazione umana.
E così riusciremo a risolvere il problema della fame nel mondo!!!! evviva!!!
gran cazzata.
La fame nel mondo non esiste (e non esisterà) per motivi di scarsità di cibo.
Il problema sta nella cosiddetta "possibilità di accesso alle risorse". In poche parole è legata ai soldi. Il cibo c'è, ma i paesi poveri, non avendo un PIL, non possono comprarlo. L'unico modo per far finire la fame nel mondo è aiutare questi paesi a svilupparsi e renderli capaci di avere un PIL (cosa molto complessa, ma che comunque non ha niente a che vedere con la produzione di cibo mondiale).

Pensate che paradossalmente l'unine europea è stata eccedente (produceva più di quello richiesto per l'autoapproviggionamento) di cibo in praticamente tutti i settori dagli anni 70 fino ad oggi.
La politica agricola comune dell'UE (PAC), per anni (e tuttora lo fa) HA FINANZIATO LA RIDUZIONE DI PRODUZIONE perchè gli eccessi erano ingestibili!
Se trasformavi i tuoi campi di grano in bosco l'UE ti dava dei soldi
Se facevi il Set-Aside (ovvero lasciare i campi incolti) l'UE ti dava dei soldi
Per fare la vendemmia verde (tagliare l'uva prima che diventa nera e lasciarla per terra invece di farci il vino) l'UE ti dava dei soldi.
I produttori di latte non potevano produrre più di un tot di latte all'anno, pena una multa (quote latte).
L'UE finanziava il cosiddetto "ammasso privato" ovvero pagava magazzini per stoccare cibo, per poi rimetterlo nel mercato in futuro sperando che sarebbe diminuito l'eccesso di offerta (e quindi si sarebbe rialzato il prezzo).
ecc ecc ecc.

Conclusione: i livestock non sono la causa della fame del mondo.


Prossimo episodio saranno esposti i seguenti capitoli:
- Perdita di biodiversità
- Gestione Reflui
- Zone morte oceaniche e problema della pesca
- Salute
- Politica ed Economia
- Energia
- "è più sostenibile un allevamento o una coltura vegetale?"
- (desalinizzazione?)


Ultima modifica di Fra90 il Sab Apr 08, 2017 6:17 pm - modificato 2 volte.

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Messaggio Da Valomin Sab Apr 08, 2017 4:37 pm

Prima che esco, intanto rispondo al capitolo ACQUA, o che potresti piu' propriamente chiamare "WATER FOOTPRINT OF LIVESTOCK" (da notare entrambe footprint e livestock si scrivono attaccati).

Non sono particolarmente convinto dalla tua affermazione iniziale
"è vero che dietro un hamburger ci sono 600 litri (o insomma, qualcosa del genere), ma è un paragone che forse non ha senso perchè il ciclo dell'acqua è chiuso.
quei 600 litri non vengono "inglobati" nell'hamburger, ma fungono solo da vettore. Con evapotraspirazione e poi piogge, o attraverso la percolazione tornano al fiume dal quale sono venute."
In questo caso il problema e' un po' piu' complesso. Io stesso ti dissi tempo addietro, "dire che ci vogliono tot litri per produrre un certo prodotto e' come non dire niente", o piu' che altro e' un gergo usato per trasmettere il messaggio al popolo, tentando di riassumere in un numero quel che e' l'impatto di un certo prodotto di consumo. La esemplificazione del problema non vuol necessariamente dire che il problema non esiste in termini di quantita' (e non qualita') d'acqua consumata. Provo a esprimerti il concetto in parole semplici in due punti:
1) Water abstraction e' diverso da water consumption. Prima di tutto quei 600 litri sono probabilmente calcolati con metriche ormai dismesse nel mondo del Life Cycle Assessment (LCA) e indicano la totalita' d'acqua astratta, quando invece quello su cui c'e' da focalizzarsi e' la quantita' d'acqua effettivamente consumata. Per farti un esempio quando fai la lavatrice usi una certa quantita' d'acqua. La quasi totalita' d'acqua viene filtrata e ritorna nelle tubature, mentre una piccola frazione rimane nei vestiti che metti a stendere, quindi permettendo all'acqua di evaporare. Ora in questo processo, l'acqua evaporata torna in atmosfera si, ma dove riprecipita? Il problema e' che probabilemente non riprecipitera' nello stesso bacino idrografico e quindi quell'acqua e' considerata persa o effettivamente consumata nel processo del bucato. Quindi in quei 600 litri che mettono su, bisogna vedere se hanno effettivamente considerato nei vari stadi dell'LCA fatto per arrivare al numero finale acqua consumata o semplicemente estratta. Come vedi nel caso del bucato la differenza tra astratta e consumata e' piuttosto alta, ma nel caso di agricoltura quasi tutta l'acqua usata per irrigazione viene traspirata/evaporata dalle colture (70-90%) e quindi, evaporando lascia per sempre il nostro bacino idrologico.
2) Location of water abstraction. Come quindi puo ben dedurre dal punto fatto sopra, il problema importante diventa capire dove estraiamo acqua, e per dove parlo sempre di bacino idrologico, perche' come probabilmente gia' sai sono sistemi quasi totalmente chiusi e quindi possono essere considerate come una sorta di unita' stagne per il circolo dell'acqua. Quindi, nuovamente se prelevi 600 litri in Inghilterra o li prelevi in Etiopia non e' la stessa cosa, e quindi e' importante la location delle risorse usate nel LCA, scomponendo per ogni componente e regionalizzando la gravita' degli impatti a livello ambientale (eccetto, ovviamente per quelli che entrano in atmosfera, e.g. CO2).

In sunto, non e' solo un problema di qualita' (e.g. reflui) ma anche di quantita'. Non a caso specie di acqua dolce sono a maggior rischio estinzione di quelle marine o terrestri.

Problema 1) gestione dei reflui: la normativa esiste e rispettarla rende il ciclo sostenibile. Ma c'è chi fa il furbo e per risparmiare non la rispetta. In questo caso si ha il "consumo della risorsa" in quanto le acque inquinate non possono essere riutilizzate, inoltre si ha la distruzione di ecosistemi acquatici (tema approfondito sul capitolo "gestione reflui". Questo particolare problema, di conseguenza, non tanto legato alla "non sostenibilità" intrinseca del processo, quanto nella gestione politica e amministrativa: una regolamentazione buona supportata da controlli rende l'allevamento sostenibile in termini di water foot print.  
Che le acque inquinate non possano essere riutilizzate e' un po' spararla Smile Wastewater Treatment Plants servono a quello, e con osmosi, filtri e altri dispositivi ingegneristichi riescono a depurare le acque, spesso a basso costo energetico. Tra l'altro reflui derivanti da quale processo nel ciclo di produzione e.g. dell'hamburger?

Problema 2) forse il più grave in assoluto, è quello della "desertificazione" derivante dallo sfruttamento dei terreni. La grande produzione di live stock sta in sud america (per questioni di costi bassi che approfondiremo nel capitolo "politica ed economia"). Là, deforestano milioni di ettari per far spazio ai campi di soia per alimentare il bestiame.
Questo non e' un problema inquadrato nel water footprint assessment, in quanto non c'e' sfruttamento specifico di risorse idriche. Piuttosto, e' un indicatore di distruzione della biomassa derivante direttamente dal processo di produzione dell'hamburger.

La perdita di biodiversita' legata allo sfruttamento di risorse idriche e' una cosa, legata alla deforestazione un'altra, anche perche' son due domini (acqua dolce e terrestre) diversi.
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Messaggio Da Fra90 Sab Apr 08, 2017 5:04 pm

Ora in questo processo, l'acqua evaporata torna in atmosfera si, ma dove riprecipita? Il problema e' che probabilmente non riprecipiterà nello stesso bacino idrografico e quindi quell'acqua e' considerata persa o effettivamente consumata nel processo del bucato.
come già avevo premesso è ovvio che il processo è molto più complesso e io l'ho fatta molto semplice, ma quello che volevo esprimere era proprio quello che dici tu: cioè soffermarmi sul punto di vista sbagliato del "consumare acqua" quando in realtà si tratta semplicemente di un "spostamento" dell'acqua.
D'accordissimo con il fatto che il fenomeno va contestualizzato, perchè in etiopia e sicuramente diverso da Inghilterra o dalla Foresta amazzonica. Ma in linea generale possiamo presumere che se tu estrai l'acqua da un bacino come quello della foresta amazzonica (es il bacino del rio delle amazzoni che è immenso per forza), e utilizzi l'acqua estratta all'interno del bacino, questa ripioverà all'interno dello stesso bacino in linea generale. (sbaglio?)
Discorso diverso è se "sposti l'acqua, soprattutto in quelle aree più siccitose come per esempio ha fatto la Russia con il grande lago del Kazakistan: ha preso l'acqua dal lago per irrigare i proprio campi e nel giro di qualche decennio l'ha praticamente prosciugato. In questo caso si a livello di bacino il ciclo non era chiuso perchè l'acqua veniva portata via.

Che le acque inquinate non possano essere riutilizzate e' un po' spararla Smile Wastewater Treatment Plants servono a quello, e con osmosi, filtri e altri dispositivi ingegneristichi riescono a depurare le acque, spesso a basso costo energetico.
Calma. L'ho che se segui il disciplinare il ciclo è sostenibile: infatti attraverso gli impianti di depurazione puoi purificare l'acqua (e i liquami e letami) al punto da poterla reimmettere nel fiume, e con gli "scarti" ci concimi il terreno o ci fai biogas (avrei scritto tutto il processo sulla sezione "gestione reflui"). Il problema è che molto più frequentemente di quello che si pensa, i liquami e latami vengono scaricati direttamente sul fiume (anche semplicemente per risparmiare sui trasporti).
E un fiume inquinato è considerato risorsa consumata, risorsa persa, cioè diminuisce la quota di risorsa disponibile.

Problema 2) forse il più grave in assoluto, è quello della "desertificazione"
più sotto lo spiego cosa interno per legame desertificazione-water foot print: desertificare chilometri e chilomentri fa si che manca la componente evapotraspirativa in quel bacino, di conseguenza non piove più in quel bacino e diventa deserto (ovviamente è seplificazione estrema di un processo complessissimo). Cioè la desertificazione è la conseguenza dello spostamento di acqua in altri bacini (come nel caso del kazakistan).

aspetto risposta Smile

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Messaggio Da RiccoDD Sab Apr 08, 2017 6:29 pm

Premetto che su alcuni passaggi non vi sto dietro, dunque mi limito a leggerli con curiosità.

Ma leggendo ciò che avete scritto mi è sorta una domanda da “non addetto ai lavori” che vi ripropongo come spunto di dibattito.
Per poterci nutrire di carne è necessario nutrire il bestiame destinando terreni alla coltivazione di cereali e legumi. Questi stessi terreni potrebbero produrre fonti vegetali che potrebbero essere destinate direttamente al consumo umano, bypassando il passaggio del nutrimento del bestiame.
Tengo a sottolineare che parlo di allevamenti intensivi e quindi non intendo dire con ciò che dovrebbero scomparire gli alimenti di origine animale.
Dal punto di vista nutrizionale così facendo ne guadagneremo in salute, dal momento che si consuma troppa carne, e in qualità per ovvie ragioni.
Questo discorso ha un senso dal punto di vista della sostenibilità (intendete questo termine come più credete opportuno: carbon footprint, water footprint ecc.)? Quali sarebbero i pro e i contro?

Fra90 ha scritto:PROBLEMA FAME NEL MONDO
Molti dicono che per ogni caloria di carne prodotta destinata all'alimentazione umana, a parità di superficie, se ne potrebbero produrre X volte tanto (non mi ricordo il moltiplicatore) di calorie vegetali destinate alla alimentazione umana.
E così riusciremo a risolvere il problema della fame nel mondo!!!! evviva!!!
gran cazzata.
La fame nel mondo non esiste (e non esisterà) per motivi di scarsità di cibo.
Il problema sta nella cosiddetta "possibilità di accesso alle risorse". In poche parole è legata ai soldi. Il cibo c'è, ma i paesi poveri, non avendo un PIL, non possono comprarlo. L'unico modo per far finire la fame nel mondo è aiutare questi paesi a svilupparsi e renderli capaci di avere un PIL (cosa molto complessa, ma che comunque non ha niente a che vedere con la produzione di cibo mondiale).

Commento questo capitolo perché è decisamente più nelle mie corde  Very Happy  
Sono assolutamente d’accordo che affrontare il problema della fame del mondo basandolo sul discorso che hai fatto delle calorie non ha alcun senso. Trovo che il concetto espresso da me sopra che si può banalmente riassumere in “coltivare è meglio che allevare” abbia numerosi benefici, ma non c’entra assolutamente nulla con la fame del mondo.
Uno delle problematiche centrali della fame nel mondo è la povertà e quindi l’accesso al cibo.
Sono dell’idea che alcuni ragionamenti non stanno assolutamente in piedi:
Trasferire gli alimenti dai paesi più ricchi a quelli più poveri non ha senso perché i paesi poveri non hanno soldi per importare il cibo.
Gli aiuti alimentari non funzionano perché passano dai governi e poi le abitudini alimentari di questi paesi sono assolutamente differenti e non è un aspetto assolutamente da sottovalutare, basta vedere il tipo di cibo che viene inviato come “aiuto”. Inoltre non si stimola la popolazione ad innescare un processo di sviluppo, ossia ciò che dicevi tu in termini di PIL.
Quello che potrebbe servire è un trasferimento tecnologico, ad esempio.

RiccoDD

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